Eugenio e la sua libertà - new
Il fumo saliva a larghe spirali dalla sigaretta abbandonata nel posacenere di cristallo.
Marta piangeva, un sussulto continuo la scuoteva tutta: la sua storia d’amore si era consumata in breve tempo, come ora si stava consumando la sigaretta che Eugenio aveva posato uscendo da casa, deciso a non farvi più ritorno. La sua forte mano non avrebbe più riaperto quella porta che aveva chiuso violentemente alle sue spalle.
Perché era successo? Marta se lo chiedeva con insistenza e disperatamente, ma non riusciva a darsi una risposta. Altre volte Eugenio l’aveva fatta piangere con le sue intemperanze, ma mai il dolore l’aveva colpita nell’intimo come in quel momento. Non serviva a nulla piangere, eppure il suo cuore, con i singhiozzi, si liberava di quella tensione che le scoppiava dentro.
Quale fu la causa della rottura? Chi dei due sbagliò direzione?
Tutto procedeva bene su i binari dell’intesa e della comprensione; nei cinque anni di matrimonio, avevano superato momenti di difficoltà economiche, avevano arredato con sacrifici la loro accogliente casa, progettavano il futuro con gli stessi intenti.
Improvvisamente, Eugenio manifestò i primi sintomi di scontentezza: qualunque cosa facesse Marta non soddisfaceva il giovane marito. Pure la cucina, un pregio ampiamente riconosciuto anche dagli amici, cominciò a non essere gradita. Nei litigi frequenti, causati anche da un nonnulla, corsero le prime parole grosse.
Marta, forse già stanca per il suo lavoro in ufficio, male reagiva alle osservazioni del marito. Eugenio, dal canto suo, era scontento di sé, nervoso e instabile.
“- Ciao esco.”-
“- Anche questa sera?-“
“- Che cosa faccio in casa, alla televisione non c’è alcunché, tu stai rassettando la cucina.-”
“- Vai al Bar?”-
“- Vado e basta.-“
Questo si ripeteva da molte sere, ormai, e lei sentiva che il suo uomo si allontanava sempre di più. Si rodeva il cuore senza sapere che fare, certo anche lei era colpevole dell’accaduto, ma dove aveva sbagliato? Aveva tentato di iniziare un discorso chiarificatore, ma lui troncava sempre sul nascere ogni tentativo.
I litigi erano sempre più frequenti ed ogni volta scorrevano parole grosse e piccine che trascinavano sempre più a valle, come in un torrente, il loro amore.
“- Basta, Marta, non possiamo più continuare così. I nostri sentimenti sono cambiati non mi sento più d’avere legami ed obblighi nei tuoi confronti. Non ti amo più. Sono stati belli i primi anni e ti ringrazio per avermeli fatti vivere, ma ora sarebbe meglio lasciarci, io desidero la mia libertà.
Senza attendere la reazione della moglie, lasciò la sigaretta ancora accesa nel posacenere sulla mensola ed uscì sbattendo la porta.
Marta rimase impietrita di fronte a quella sigaretta che stava consumandosi e risentiva le parole d’Eugenio turbinare nella mente: “ …desidero la mia libertà”
Una frase ricca di significato che sembra offrire tutto a chi crede che “libertà” sia la padronanza di sé, il non dover rendere conto del proprio agire e farlo solo per il proprio comodo, il non avere legami ed obblighi.
Sceso in strada, Eugenio si sentiva leggero, era una tiepida sera di primavera. Sorrise al gatto del tabaccaio, diede un calcio ad un sasso, provò a fischiettare una canzone, incontrò alcuni conoscenti che salutò con insolita allegria: ora camminava, respirava e pensava in piena libertà.
Aveva trovato, provvisoriamente, una camera in una piccola pensione di periferia. Un amico si prestò per ritirare le sue cose personali dalla casa in cui Marta viveva, in attesa della soluzione legale.
La cassiera del bar che da tempo frequentava , era una ragazza disponibile. L'aveva corteggiata per mesi quando ancora stava con Marta, ma non riusciva a fare quel piccolo passo che l'avrebbe portato nel suo letto. Ora era libero e il passo possibile.
L'infatuazione finì presto; anche con la ragazza si andava annodando quel legame che lui non gradiva: -"viva la libertà" -ripeteva a se stesso, ma non riusciva a goderne sessualmente quanto si era immaginato.
Era trascorsa l’estate e l’autunno si annunciava con una noiosa nebbiolina, Eugenio già sentiva la mancanza di Marta: ora era senza affetti, senza sogni concreti, poteva liberamente disporre del suo tempo, ma con quali risultati? Il denaro non gli procurava piacere e i piaceri pagati valgono sempre poco. Aveva folleggiato tutta l’estate conquistando belle ragazze, ma con quale dedizione si stringevano a lui? Aveva avuto la sua libertà, ma ora gli appariva un domani vuoto, si sarebbe potuto unire ad un’altra donna con tutte le situazioni già vissute con Marta: perché allora l’ha lasciata? Era proprio vero che non l’amava più? pensava a tutto questo mentre tornava alla sua modesta camera in una sera d’autunno grigia e uggiosa.
Il ricordo delle spalle candide di Marta, delle sue lunghe gambe tornite, dei seni turgidi, dei baci appassionati, dei trepidi abbandoni, lo faceva soffrire.
“ Hai sbagliato tutto” disse un giorno a se stesso, “ Non esiste libertà al di fuori degli affetti, la libertà più vera è il saper esprimere se stessi in tutte le azioni senza egoismi, ma tenendo presente la personalità ed i desideri di chi ti è vicino. Il dare, quindi non sarà più costrizione, ma gioia. Sarò veramente libero nella famiglia che mi sono creato con Marta perché erano ben saldi i principi nei quali ambedue credevamo.” Era terribilmente pentito d’averle fatto del male.
Piovigginava insistentemente, tutto era grigio e triste e, neppure le vetrine illuminate riuscivano a dare colore a quella via del centro cittadino. Eugenio attendeva Marta che, a quell’ora, solitamente usciva dall’ufficio in cui lavorava.
Improvvisamente lei apparve, non era cambiata, rideva con Luisa, una sua collega. Non vide Eugenio perché era seminascosto da un cartellone pubblicitario e lui non ebbe il coraggio di fermarla, parlarle, dirle tutto ciò che sentiva nel suo cuore in tumulto e se ne andò.
Al bar, gli amici, lo accolsero come sempre. Antonio e Pietro si fecero offrire da lui un Martini. Erano tutti dei cari ragazzi apparentemente senza problemi e sempre pronti a divertirsi, ma quella sera, Eugenio, non si sentiva a suo agio fra loro. Matteo sollevò gli occhi dalle carte con cui stava giocando al tavolo verde e: - Che cosa ti succede?- gli chiese –Aspetta, finisco questa mano.- aggiunse.
Matteo aveva circa cinquant’anni ed un aspetto molto giovanile. Viveva separato dalla moglie da tantissimi anni ed era spesso in quel bar con le carte in mano, stava volentieri con i più giovani, ma era pessimista e sarcastico.
- Eccomi a te…Marta, vero? Ti sei accorto di avere sbagliato? –
- Si… -
- Caro amico, i casi sono due: o hai coraggio, oppure passerai tutti i tuoi giorni a rimuginare e a maledire la tua vigliaccheria di oggi. –
- Ma… io… -
- Taci, taci, è fatale che sia così, parola di uno che per la tua strada c’è già passato. –
Qualche giorno dopo Eugenio capì che se avesse indugiato ancora ad avvicinare Marta, a parlare con lei, forse non avrebbe più trovato il coraggio di farlo. Attese la sera e, spinto da una forza che solo la disperazione infonde, salì le scale di quella che era stata anche la sua casa. Bussò alla porta: quante volte lo aveva fatto in un tempo che ora gli sembrava così lontano… Ricordava che, dopo qualche secondo d’attesa lo scalpiccio dei passi della moglie, brevi e leggeri sembrava il battere di un ritmo allegro.
Aspettò, nessun rumore proveniva dall’interno, lo assalì una terribile angoscia…Ma ecco un lieve fruscio, un giro di chiavi e la porta si aprì.
- Perdonami… - sussurrò l’uomo con voce roca: piangeva.
Sul viso sorpreso di Marta apparve un sorriso un po' amaro: "Entra"- disse.
In quel momento squillò il telefono e lei, scusandosi, rispose. Il suo volto si rischiarò : - Sì, ciao!… No, ora non posso….. ma certo, domani sera…. A che ora?… Va bene… certo che vinceremo, dobbiamo vincerli!…No, non la prossima settimana sarò a Ginevra sino a giovedì…. Si, certo…. Sono sempre più impegnata, ma questo lavoro è molto gratificante…. NOOOH, non mi dire…-
Eugenio lì, fermo all’ingresso, ascoltava deluso…non c’era più posto per lui nella vita di Marta. Si voltò e, nel richiudere l’uscio la vide che sorridendo lo salutava con la mano senza interrompere la sua conversazione.
NADA REALE