g La vita umana: perchè?

 

Nascita e morte: nel mezzo la vita.

L’uomo prende forma nel grembo materno, nasce, cresce, è educato, e si autoeduca, alla dinamica esistenziale; crea la sua cultura, lavora, ama, sottopone se stesso ad una faticosa elaborazione tutto in funzione di un domani, prossimo futuro che, altro non è che la morte.

Come un corridore, inesorabilmente, è incalzato da forze sconosciute attraverso una radura perigliosa sino a raggiungere il ciglio di un burrone che precipita nel vuoto della grande incognita che è la morte.

Si nasce alla vita, dunque, per morire? Questo solo sembra essere il destino dell’uomo, ma è così? Apparentemente, sì.

Se la presenza sulla Terra dell’ “essere umano” fosse solo in funzione di questo, tutto allora sarebbe ben triste…

Ci deve essere un motivo valido perché l’uomo nasca con tanto dolore, si costruisca un bagaglio d’esperienze, affronti tutti gli ostacoli che la vita stessa inesorabilmente gli porge, ama, soffra, goda: che cos’è la vita se serve solo per raggiungere la morte?

La materia è un composto di sostanze chimiche in continua evoluzione; questa vitalità porta a diversi stadi di crescita e di logoramento della materia stessa. Latrasformazione di tutto quello che sulla Terra è vivente traccia una linea ascendente sino al completamento della sua formazione per poi degenerare nel processo d’invecchiamento sino a terminare di vivere come essere compiuto. Nel disfacimento gli elementi si trasformano ancora, conservando le sostanze vitali utili per altri esseri viventi.

Anche il corpo dell’uomo subisce la metamorfosi della materia, questi, però, racchiude una più ampia presenza d’elementi che non sono facilmente scindibili da quelli materiali: l’intelligenza, l’amore, la sensibilità, la genialità e l’intuito. Queste facoltà rendono l’essere umano sorprendentemente diverso da ogni altro essere vivente; egli è cosciente della propria personalità in simbiosi meravigliosa con qualche cosa che è al di fuori e sopra il mondo materiale.

Se l’uomo che vive dando alle sue azioni un indirizzo morale corretto, si trovasse di fronte alla morte come colui che è vissuto nella scorrettezza e immoralità e qui, nella fine della vita, tutto finisse, sarebbe inutile ogni affanno esistenziale. Non credo che sia solo un’illusione il pensare che ci sia una vita spirituale, dopo la morte del corpo, che

ripagherà l’Anima umana delle tante rinunce alle lusinghe di una vita vissuta attraverso un’ottica immorale e materialistica.

Perché oggi che la tecnologia e le scoperte scientifiche hanno chiarito molti segreti della Natura, facendo luce su tante credenze semplicistiche, oggi che si ha una risposta abbastanza esauriente su i tanti misteri del passato, l’uomo si aggrappa più che mai al trascendentale?

Questo bisogno del Divino o, comunque, di quel “qualche cosa” che è al di sopra e al di fuori di noi è solo una speranza illusoria dei più deboli?

Ci deve pur essere un motivo per cui l’uomo trova nella Fede religiosa un valido aiuto per superare le difficoltà della vita.

Una parte dell’uomo è sicuramente di natura spirituale e sente la sua discendenza Divina, o, comunque, ha un vago sentore di qualche cosa che ha lasciato per entrare nella materia. E’ una sensazione precisa: intuisce la presenza non materializzabile di questo Dio creatore e ideatore della vita umana.

La parentesi terrena, quindi, non sarebbe altro che un cammino di prova per ritornare a Dio ricchi di esperienze.

L’Anima, lasciato il corpo, porterà con sé il fardello delle azioni buone o cattive che avrà compiuto; nella nuova dimensione continuerà a vivere nella Luce di Dio o nel buio della Sua assenza, in rapporto a come avremo consumata la nostra prova terrena.

La nascita e la morte hanno così un senso preciso.

 

Nada Reale