Che sia solo Pace


La Piazza del Magistrato a San Candido, caratteristico paese dell’alta Punteria, è illuminata a festa e adornata dalle     ghirlande  che risplendono in questa sera di vigilia del Natale millenovecentoottantaquattro.

Nel centro della Piazza, una pedana di ghiaccio e di neve pressata funge da palcoscenico ad una rappresentazione augurale che ci viene offerta dai giovani del paese.

Riesco ad intrufolarmi fra la moltitudine di spettatori che, ingombranti nelle loro giacche a vento, piumotti e pellicce, assiepano, in piedi,gran parte dello spazio.

-“ Non ci sono sedie – osservo – sarà quindi una cosa breve.”-

La sera è limpida e l’aria pungente.

Tutto è pronto per cominciare: a sinistra del palco il coro femminile “La saletta” è disposto come di consueto, a seconda della tonalità delle voci. Intonano “Stille Nacht”. E’ piacevole ascoltarle perché sono brave e ben dirette da una giovane signora. Il gioco delle luci colora con bellissimi effetti cromatici i camicioni bianchi che le “salettine” indossano.

Accanto al coro, in una capanna di ghiaccio improvvisamente illuminata, nasce Gesù: la Vergine Maria e San Giuseppe cullano un bimbetto paffuto che si agita disturbato da per quelle luci e quelle voci.

Tutto il lato destro del palco è nell’ombra, ma si possono scorgere cinque ampi gradini che formano una scalinata.

Improvvisamente,mentre è cantata angelicamente la nascita del Redentore, un rombo di guerra si diffonde sempre più rumoroso a coprire ogni altro suono e un gruppo di giovani soldati armati, sale la scalinata, ora in piena luce, mimando una battaglia cruenta contro un nemico invisibile,ma presente.

Luci di fuoco e fragore di armi rendono molto credibile il teatro della guerra e, ad uno ad uno, tutti i soldati cadono nella coraggiosa lotta contro il nemico. E’ un massacro: luci rosse tingono di sangue la scalinata coperta dai giovani corpi inerti.

Tacciono le mitragliatrici e i mortai, su quei morti si leva il canto doloroso del coro. Alcune donne salgono vicino ai caduti mimando lo strazio di un grande dolore.


Mi guardo attorno: sui volti meno giovani delle persone che mi sono vicine c’è un pallore che non è dato dal freddo. Anna, un’amica mia coetanea, mi stringe un braccio:- ricordi i bombardamenti a Milano?- La sento tremare come sto tremando io.


La capanna viene di nuovo illuminata e si diffonde la melodia di un noto spiritual e i morti si risvegliano in una resurrezione d’amore. Gesù non è nato per donarci la Pace e l’Amore perché tutti gli uomini siano fratelli?

Certamente i bravi giovani di San Candido, che ci hanno offerto questo augurio perché l’amore prevalga sempre sull’odio, non possono sapere quanto abbia potuto sconvolgerci la rievocazione dello spettro di Marte. Viviamo in un momento di grandi tensioni: Beirut è sempre più pericolosa; si uccide agli stadi dopo una partita di calcio; si aggredisce bestialmente per futili motivi; troppa gente possiede armi da fuoco e le usa; nelle grandi città si sta troppo stretti. L’aggressività insita nell’uomo pare che voglia assolutamente esplodere: non sembra forse che si sia proprio tutti noi ad invocare Marte, il dio della guerra, perché resusciti?

I lui se ne parla troppo, se ne scrive molto… Bisogna soppesare attentamente il pericolo di un tale atteggiamento. Bisogna, invece, che lo si ignori, non si parli mai di lui, non lo si evochi, non lo si celebri; che Marte sia lasciato dov’è senza assolutamente pensare che possa tornare fra noi con le sue, oggi più che mai, orripilanti conseguenze.

Parliamo di PACE, invece, esaltiamola, facciamo che sia sempre presente nei nostri animi, nella nostra volontà come se lei sola aleggiando sulle nostre vite, le possegga e ci abbracci con il suo fluido contagiante.

Sia sempre lei, la Pace, oggetto dei nostri discorsi politici, dei nostri programmi sociali, dei nostri rapporti internazionali. Di LEI sola si scriva e si legga, sia evocata a tal punto che sia proprio lei, la P A C E, a non dar posto che a se stessa.




Questa breve narrazione è stato pubblicato su  “ASCE news club”

(Marsilio Editore gennaio 1984)

Potrebbe essere scritto anche oggi?


Nada Reale