Lattemiele


Guardando lontano, verso est, dal balcone della mia casa di vacanze a Viconago ho la sensazione intensa di un'utopica libertà.

Le cime delle Alpi svizzere s'innalzano verso un cielo azzurro decorato da nuvole bianche spumeggianti come panna montata.

Come quando ero bambina, vedendo questo tipo di nuvole, mi assale una gran voglia di "lattemiele" quello che la lattaia di Via Polesine, a Milano, sapeva preparare con eccellenza. Allora non c'erano i congelatori che conservavano le golosità per tutte le stagioni: durante l'autunno e l'inverno la panna montata, che noi chiamavamo "lattemiele", era offerta sul cono biscottato usato per il gelato.

Con quanta gioia, poi, si accoglievano le prime nevicate sia per i giochi che per fare quello che ora è il “sorbetto”. Noi bambini dopo la terza nevicata, così ci avevano insegnato i "grandi", si scendeva a raccogliere in una tazza la neve e si arricchiva di sciroppo alla frutta: una bontà.

Erano anni in cui la guerra aveva portato lutti e dolori, ma non vorrei pensare a questo, ora. Per noi bambini la vita era comunque gioia, e lo sfollamento dalla città mi fece vivere a contatto con il mondo contadino della Brianza.

Io ero a Resenterio d'Albavilla, un ridente paesino fra Como ed Erba. Con gli altri bambini milanesi e locali, si trascorrevano le giornate nei campi a raccogliere frutta, (che dolcezza le pesche dell'alberello di Renzo!) a giocare nell'aia, e a far salti nei fienili….

E le oche dell'Adele? Le portavamo lungo la roggia che fiancheggiava un sentiero, tutte in fila indiana e noi indaffaratissime a sollecitare le ritardatarie.

Ricordo Giovanni che, nella corte, scuoiava i conigli appesi ad un piolo della scala appoggiata al muro. Appena iniziava scappavamo via tutti….povero coniglio!

Quanti Rosari si recitavano alla sera nella stalla della Teresin con gli adulti che biascicavano le preghiere in latino, le parole sembravano senza senso, ma si percepiva una grande tensione religiosa.

Rivedo le lucciole racchiuse nei barattoli che, nelle tiepide sere , facevano luce negli androni… E, ancora,….. la mente in libertà dipana la matassa dei ricordi.

Nelle lunghe serate la nonna mi raccontava della sua vita vissuta in Toscana nel paese di Poggio Accaiano nei lontani anni di fine ottocento

Ne ricordo uno in particolare:

"- La sera, tornati gli uomini dai campi,  ci si radunava tutti, anche noi bambini, nella grande stanza al piano terreno a fare le trecce di paglia che sarebbero servite per i cappelli. Una volta alla settimana arrivava un uomo con il carretto pieno di paglia a mazzi colorati e ritirava le matasse di trecce finite e pagava con pochi soldi tante ore di lavoro.

I compensi erano veramente insufficienti per molte famiglie che traevano solo da ciò il loro sostentamento.

"La mia mamma,(raccontava la nonna) era uno spirito libero; un giorno radunò tutti e propose di chiedere un aumento del loro compenso. Non ebbero risposta e allora incitò le donne a sedersi per terra sulla strada in modo da fermare il carrettiere con la paglia. Lei si pose davanti a tutte e con piglio severo fece la sua richiesta. Inutilmente l'uomo minacciò di incitare il cavallo e calpestarle, nessuna si mosse, e allora dovette cedere e aumentò i compensi."

Questo racconto mi colpì molto. Vidi la figura di questa mia bisnonna come una eroina e pensando a lei capii che la forza della donna sta nell'essere cosciente del proprio valore, nel saper difendere i propri diritti e che il sessantotto è stato vissuto dall'intera società solo grazie alla divulgazione mediatica, ma delle piccole lotte sociali è costellata tutta la storia dell'umanità.


Nada Reale