Graziella


 

Perché, perché è accaduto?” Ripeteva Graziella con angoscia mentre stava stesa sul letto ad occhi aperti nella semi oscurità della stanza.

Si sentiva lacerata dal tormento. Il dolore le faceva smarrire la ragione, la capacità di connettere, e si sentiva persa.

Lei lo aveva salutato, come ogni mattina, sulla porta di casa con un gioioso “torna presto” e aveva rivisto il suo Mario nel tardo pomeriggio su quel lettino del Pronto Soccorso: immobile, freddo, con negli occhi aperti un’espressione attonita, pareva chiedesse anche lui “perché?”

Aveva voluto vedere dove era accaduto e suo fratello Luigi l’aveva accompagnata sul luogo dell’incidente con riluttanza, ma accondiscendendo alla volontà caparbia di Graziella. Si vedevano sull’asfalto, in prossimità di una curva, i segni dei pneumatici strisciati per una brusca frenata e, lì nel fossato,

che costeggia l’autostrada ad un livello più basso, la sua Peugeot grigia con le ruote all’aria.

La dinamica dell’incidente non era stata ancora ricostruita; non esistevano testimoni. Forse aveva dovuto evitare un’altra vettura fermatasi di botto in cui il conducente è poi fuggito senza prestare aiuto, forse un malore, forse un animale gli aveva tagliato la strada, chissà…


Intanto, una vita si era spezzata così, all’improvviso e con lei altre vite avrebbero subito drammatiche conseguenze. Non sarebbe stato più come prima per nessuno della famiglia, il vuoto era grande, assolutamente incolmabile.




Graziella era sempre stata una ragazza spiritosissima. Esprimeva una gran voglia di vivere e un enorme bisogno di amicizia e per questo era ricercata dagli amici anche dopo il matrimonio con Mario.

Con il fratello Luigi, più vecchio di lei di sette anni, aveva trascorso una felicissima infanzia. Lui la faceva giocare e la portava con sé a pescare, Luigi acquistava Topolino, Texas, Diabolik ecc. e voleva leggerli per primo, ma se non poteva farlo subito e li nascondeva, lei li trovava sempre e li

sfogliava prima di lui. Luigi si arrabbiava, ma questo era diventato come un gioco fra loro.


Mamma e papà si adoravano e loro, figli, beneficiavano di quell’atmosfera d’amore.

Aveva frequentato un corso superiore di Lingue e di Economia e Commercio ed era stata assunta dalla Ditta in cui conobbe Mario.

“ Signorina, scusi, il Dottor Gaudenzi desidera la pratica Viviani, può darmela?” Il cuore di Graziella ebbe un balzo e si sentì sciogliere dallo sguardo dolce di quegli occhi chiari. Simpatizzarono subito.

Il bel giovanotto che le stava davanti era l’ultimo assunto dallo studio legale.


Mario era un timido, ma si dimostrò aperto all’amicizia e, da questa, che spesso è il primo passo verso l’amore, sbocciò una grande dolce intesa.

Era bello vederli insieme, sempre sorridenti, sempre gioiosamente fra loro soli, anche in mezzo agli altri. Avevano la capacità di isolarsi senza creare disagio in chi li circondava. Mano nella mano, loro comunicavano anche senza l’ausilio delle parole.

Il matrimonio religioso consacrò la vita dell’uno a quella dell’altra.

Mario aveva genitori ancora giovani e Graziella era stata accolta come una figlia, Anche Mario era ben accetto dalla famiglia di  lei e divenne presto amico di Luigi che, scapolone gaudente, partecipava con gioia alla loro vita. Era bello, bellissimo quel mondo di giovane coppia pieno di sogni e di speranze particolarmente incisive durante la gravidanza di Graziella.

La nascita del piccolo Stefano portò il giusto supplemento al loro bellissimo amore.

Mario trascorreva con il suo piccolo tutti i momenti liberi dal lavoro; se lo cullava, gli parlava, lo faceva giocare e intrecciava progetti per il futuro.




Gli occhi spalancati di Graziella in quella notte d’estate nella grande camera semibuia non avevano più lacrime, ma la giovane donna piangeva disperatamente con l’anima.

“ Perché?” si chiedeva “ Perché?”

Non riusciva ad allontanare dai suoi occhi l’immagina del caro volto senza vita e la vettura capovolta, giù nel fossato, con le ruote all’aria come un grosso animale abbattuto.

“ Mammina…” Stefano chiamò.

“ Che c’è, piccolino?”

“Ho bibi” e le porse la manina tutta gonfia e rossa.

Graziella, preso il bimbo in collo, si precipitò in bagno, inzuppò d’acqua fresca un batuffolo di cotone e fece un impacco sulla manina alleviando un poco il dolore.

“ E’ nulla, tesoro, una zanzarina aveva fame e ha pensato bene di saziarsi con una goccia gel tuo sangue di bambino buono.”

“ E’ una brutta puntura” pensò” appena giorno lo porterò dal medico”. La spalmò con  una pomata antistaminica e se lo mise accanto nel lettone.


Quel corpicino stretto a lei la calmò un po’. Era consapevole di dover continuare a vivere per lui, per proteggerlo, aiutarlo a crescere perché potesse, a sua volta, affrontare la vita che “doveva” essere vissuta.

Bisognava guardare avanti, c’era ancora tanto cammino da percorrere. Come avrebbe potuto continuare da sola quella strada certamente tortuosa che la vita costringe ad affrontare? Quale domani l’attendeva?

Poteva contare sull’affetta dei suoi genitori e su quello dei suoceri, c’era sempre il caro fratello Luigi pronto certamente ad aiutarla, ma…

“Mario!…Mario!…” Lo chiamava a bassa voce sperando che

lui le rispondesse.

Forse Mario non era poi tanto lontano, forse il suo amore le era rimasto accanto e l’avrebbe aiutata.

C’è gente che un simile amore lo rincorre per tutta la vita inutilmente: lei lo aveva avuto, ne aveva goduto pienamente e poteva ritrovarlo nei ricordi.

Ora doveva essere serena per trasmettere serenità al suo piccolo. Sapeva che era difficile superare tanta angoscia e tanto dolore, ma promise a se stessa di provarci.

Era certa che così Mario avrebbe voluto che lei affrontasse la situazione. Lui diceva sempre.” A tutto c’è rimedio, tutto si risolve cogliendo sempre i lati meno gravi degli avvenimenti e, anche nei più drammatici c’è Chi dall’alto ci dà la forza per affrontarli.”

Lasciandosi condurre da questi pensieri, si calmò, una pace profonda la pervase. Sentì la presenza di Mario, come se lui le accarezzasse l’anima, e il sonno ristoratore sopraggiunse anche per lei.


Nada Reale