ANNA, la mia bambola -
Eravamo in guerra, quando tu nascesti nell’Agosto 1944. Io avevo otto anni, Marta 18 e Bruno 17.
La nonna Augusta ci svegliò di buon mattino : - E’ nata, è una bambina – ci disse .
Corremmo in camera della mamma, e tu eri lì, tutta tonda, bellissima, sembravi un bambolotto: “ è la mia bambola” pensai.
C’era la guerra e i bombardamenti su Milano erano frequenti, ma tu nascesti lì perché così vollero papà e mamma.
Nel 1940 si cominciò a parlare di “sfollamento dalla città” per sfuggire agli eventuali bombardamenti nemici. Papà prese in affitto un piccolo appartamento in una casa di campagna a Resenterio di Albavilla alle pendici del monte Palanzone in alta Brianza. Lì sfollammo la nonna ed io. Anche Bruno ci raggiunse perché si era ammalato di pleurite.
Spesso però la mamma ci riportava a Milano perché, diceva, che dovevamo stare tutti assieme. Quando, poi, le incursioni aeree si facevano più frequenti e pericolose ci riaccompagnavano a Resenterio e mamma , papà, Marta e il nonno Armando rimanevano in città a lavorare.
Dal terrazzo della casa, che dominava la pianura sud, vedevamo gli aerei dirigersi sulla città e i bagliori degli incendi che arrossavano l’orizzonte.
La nonna e le altre persone, sfollate come noi, pregavano con la voce tremula per l’angoscia, pregavano Dio e tutti i Santi del Paradiso perché proteggessero i loro cari che erano lì, sotto le bombe
Dopo la tua nascita anche la mamma venne da noi.
Io frequentavo la scuola elementare del paese ed ero felice di averti, di lavare i tuoi panni, di cullarti, di aiutare a farti il bagnetto nel mastello di legno, e tu crescevi mese dopo mese diventavi una bamboletta sempre più bella e molto brava, non piangevi mai.
La guerra finì, e tornammo tutti a Milano nella nostra casa che era stata risparmiata dalla devastazione delle incursioni aeree.
Avevi poco più di due anni quando, ci fu la tua prima convulsione: strabuzzasti gli occhietti e ti accasciasti apparentemente senza vita. Puoi immaginare che cosa abbiamo provato tutti noi? Ti riprendesti abbastanza velocemente rimanendo però accasciata.
Accorse l’ Amelia, una vicina di casa, si fece dare una tazza colma d’acqua e, mentre la nonna te le teneva alta sopra la testa, tagliò corti pezzetti di filoforte di cotone da un rocchetto di legno pronunciando parole che non riuscii a comprendere. Mentre toccavano l’acqua i pezzetti di filo si contorcevano e si muovevano per poi fermarsi.
- Sono vermi – sentenziò Amelia,- ora si sono calmati. Mettile una collana di aglio al collo quando è sveglia e sul lettino quando dorme.-
Le crisi si ripetettero più volte e la mamma decise di farti visitare da un Pediatra ritenuto da tutti il migliore.
Venni con voi. Ricordo solo mobili austeri in una sala molto buia e poi la bianca sala delle visite con un tipico lettino di ferro, una bilancia per pesare i neonati e il viso del Professore severo e altezzoso.
Pronunciò poche parole dopo una visita brevissima: - E’ Epilessia –
Ebbi la percezione di un grande dolore nell’animo della mamma, sentivo il suo smarrimento, capivo che doveva essere una malattia molto grave a me ignota.
In casa era scesa una tristezza angosciosa. Dicevano che la guerra, le paure, le ansie della mamma durante la gravidanza avevano dato questo risultato e tu, piccola innocente, ne pagavi le conseguenze.
Io non volevo crederci e non ci pensavo mai, ma un nuovo attacco ci sconvolse tutti. Venne la signora Amelia con il solito rito dell’acqua e il filoforte, ma venne anche il nipote della nostra dirimpettaia: un neolaureato in Medicina all’Università di Palermo ora a Milano per trovare lavoro. Era un giovane dall’aspetto mite,di piccola statura e grassottello, aveva i capelli ricci e gli occhiali con lenti molto spesse.
Ti visitò attentamente, avevi appena superata la crisi:
- Sono proprio vermi – disse – datele subito il vermifugo che vi prescrivo e una seconda dose fra sette giorni. E’ una bella bambina, crescerà bene!-
Fu facile credergli,ma dopo la cura del vermifugo effettivamente quelle orribili crisi non si ripeterono più.
E’ strano, cara sorellina, come a distanza di settant’anni certi avvenimenti ti appaiano come successi ieri. I ricordi sono nitidi, precisi. Rivedi i volti, risenti il suono delle voci, riprovi le stesse sensazioni……..La memoria ti accompagna sempre e pare che la nostra vita, anche se molto lunga, sia fatta di un eterno oggi.
Ci sono cose, invece, che si dimenticano. Volutamente? A volte sì, ma non sempre: perché?
Io credo che la mente umana nasconda in sé tutto il significato misterioso della vita, azioni e reazioni che non possiamo spiegare.
La vita scorre giorno dopo giorno, ma sembra essere un eterno presente perché la persona è se stessa sempre.
E’ compiutamente se stessa dalla nascita alla vecchiaia. Sembra che il nostro spirito non abbia età. Sarà dunque vera l’eternità dell’anima? Sarà dunque vera la vita dell’anima dopo la morte del corpo? Io credo di si.
Nada Reale